La lettera è tutta da leggere e soprattutto da apprendere!
Caro/a professore/ressa,
per l'ennesima o la prima volta varchi la soglia d'ingresso della scuola in cui insegni. Ho insegnato anch'io, più di cinquant'anni. A 52 anni mi hanno sbattuto su unaltra cattedra, episcopale, questa. Posso cavare di tasca il bloc notes e confidarvi lo schema di una quasi lezione che mi è stata chiesta? Sinteticissimamente.
1) Non accontentarti di ripassare in fretta e furia le pagine e le righe che dovrai spiegare agli scolari. Rimane vero che il docente ha un grande vantaggio nei confronti degli studenti quando sono interrogati, ed è di poter avere aperto il libro davanti. Gli alunni sono bravissimi nel capire se sai la materia che spieghi o no, e se riescono a trovare il libro a cui ti rifai, sei quasi fritto.
2) Con le dovute cautele, occorre riconoscere la verità del detto che bisogna conoscere Pierino prima della materia che si trasmette. E conoscere significa sapere da che ambiente esce, in che famiglia vive, le condizioni economiche e culturali in cui respira e si muove. Vi sono figli di contadini che bagnano il naso, quanto a prontezza di apprendimento e a capacità di esposizione: bagnano il naso ai figli di avvocati, di notai, di farmacisti, di professori universitari. Si tratta di tirar fuori e portare a compimento le capacità che i ragazzi hanno dentro.
3) Si insiste molto sulla preparazione al domani. Non esagerate. Intanto ogni studente ha dentro un sogno segreto su ciò che farà quando sarà grande, e non ve lo dirà tanto facilmente: spesso ha paura di essere deriso perché pensa di non riuscirci: dategli fiducia; e lasciate che la libertà scorazzi per tutto il piano di studi. Forse gli alunni capiranno per che cosa sono fatti quando saranno più avanti negli anni: quando prenderanno coscienza delle possibilità di cui sono dotati e delle responsabilità a cui sono chiamati.
4) Per favore, non abbiate vergogna di fare qualche scorribanda anche nella fantasia e nella poesia. Si possono cogliere margherite anche nel tre semplice o nel tre composto: se il docente si è prima lasciato commuovere e trasmette un entusiasmo e una passione: non si vive soltanto di desinenze e di date di nascita e di morte degli autori. Non avete mai provato ad avvertire quasi il singhiozzo, leggendo Leopardi o a trattenere a stento il sorriso scorrendo una pagina di Chesterton, o a stupirvi per mistero del cielo stellato, o a recitare il Cantico delle Creature davanti a vette impervie e immacolate o alla distesa di un mare che si perde in un orizzonte ignoto?
5) Invitate i ragazzi a non avere eccessiva fretta ad arrivare ai capitoli più fascinosi del programma, se ce ne sono. Bisogna insistere molto nellapprendimento di un metodo di studio. E qui occorre pazienza, molta: e non proibite di tentare qualche avventura su opere che non sono strettamente legate al programma. Perché? Non serve a niente, ma tien desta la fantasia.
6) Preparatevi a una scuola non individualistica. Non siate molto liscianti: talvolta ci vuole anche la spazzola dura. Non concedete troppa confidenza per attirare la simpatia dei ragazzi: se no essi saliranno in cattedra e voi rimarrete nei banchi o nei corridoi a urlare perché facciano silenzio.
Un amico prete che lavorava nella Banlieu di Parigi, sulle pareti dello studio, non aveva incollato poster sciantosi: aveva messo la scritta: Mio padre lavora otto ore al giorno. Fate capire che lo studio è un lavoro, di cui render conto per poter aiutare gli altri a cui si impara a voler bene. Se rimproverate, fate capire che è per affetto e incoraggiamento.
7) Accettate i colleghi senza invidie e rivalità. In una scuola ci si deve voler bene.
Appendìce: davvero non ci sta un richiamo anche alla trascendenza? Per non annegare nella melma di un apprendimento usa e getta. Domani questi ragazzi dovranno assumersi degli impegni seri, se non enormi. Superando la paura o la noia della vita.
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